
Il gangster dei miei sogni
20.03.2014 19:54A pochi giorni dal matrimonio, Isabeau viene lasciata da Jerome, che vola a San Francisco per seguire un corso di cucina giapponese. Non volendosi arrendere, lei decide di lasciare tutto per seguirlo in America. Quello che non sa è che la sua vita sta per essere stravolta integralmente e tutto per uno stupido scambio di valigie. Tra appostamenti, traffico di droga, inseguimenti della polizia e sparatorie, la semplice insegnante di musica si ritroverà ad essere assunta come sicario da uno dei più pericolosi boss di Little Italy. Lei, che non è mai riuscita ad uccidere neanche una zanzara! Ma com'è possibile che siano bastate meno di trentadue ore per far diventare una ragazza all'apparenza così affabile in una pericolosa criminale? E' quello che cerca di scoprire Frank Taylor, nipote del capoclan del Cartello, la più potente organizzazione di stampo mafioso di tutta la costa.
—————
Recensioni:
Libro spassosissimo basato su un equivoco che rende i dialoghi surreali e molto divertenti. Sembra di leggere una versione moderna dei libri di P. G. Wodehouse. Lo consiglio caldamente.
Estratto:
La legge, si sa, è soggetta a interpretazione. Quello che all’apparenza sembra un principio inviolabile, è in realtà un concetto integralmente ribaltabile da un occhio attento, lungimirante, che sa ricavare un’assoluzione da una virgola, un aggettivo, un semplice pronome a cui nessun altro aveva fatto caso. Lo sanno bene gli agenti della Tenderloine Station, probabilmente il più discutibile dei distretti di polizia di San Francisco, che ogni giorno si scontrano con la feccia della società e che, per questo, hanno imparato a non stupirsi più di nulla. Da quelle parti gli sterili articoli della Costituzione vengono considerati più come sentite raccomandazioni del Governo, che reali definizioni dei doveri di ogni buon cittadino. Lo scenario abituale, per le pattuglie stradali del quartiere, è circoscritto ai locali a luci rosse del Polk Gulch o alle bettole per alcolizzati e motociclisti del Mid-Market, dove non puoi fare un passo senza imbatterti in una prostituta o, peggio ancora, in un membro di una delle tante gang locali. All’ordine del giorno omicidi su commissione, furti, violenze d’ogni sorta, il tutto svolto all’ombra degli ormai decadenti edifici del Civic Center, il cuore amministrativo della città.
C’è chi continua a sperare in un mondo migliore sotto quelle divise scure, ma la maggior parte ha capito che non conviene rischiare la vita per pochi spiccioli al mese e si è assuefatta ad una politica di tolleranza verso le continue intromissioni della malavita nell’arduo corso della giustizia.
Nulla da stupirsi se il caso di un cadavere decollato viene archiviato per “morte naturale” o se sparisce misteriosamente una partita di coca appena requisita. Il tutto sta nel gestire lo stress. E’ la prima regola che impari ma, per quanto tra quelle anonime pareti intonacate i nervi d’acciaio abbondino, capitano giornate in cui anche i più solidi si sentano tremare le ginocchia. Oggi è uno di quei giorni. Tira aria di tempesta tra quei corridoi: con le elezioni del sindaco alle porte gli animi si sono scatenati. La questione dell’incendio alla lavanderia di Joe Conner ha attirato su Mid-Market l’attenzione pubblica e si vocifera che stia per tirare le cuoia uno dei più potenti malavitosi della criminalità organizzata della California, Calogero Spataro, capoclan del Cartello. Con lui fuori dal giro, si libera una poltrona particolarmente ambita, perché è da più di cinquant’anni che non c’è granello di polvere che si sollevi, se non per volere della famiglia Spataro. I diretti rivali di Calogero, i Cannizzaro, costituiscono una minaccia più che tangibile per il futuro erede dell’organizzazione e rischiano di compromettere l’equilibrio costruito nel tempo tra la mafia italiana, le bande russe e la Tong di Chinatown. Gli animi sono inquieti. In apparenza sembra tutto tranquillo, eppure tutti saltano dalle sedie quando suona il telefono. A peggiorare lo stato di forte tumulto di quei solerti rappresentanti della legge, l’arrivo improvviso di un nuovo Comandante, spedito per posta prioritaria direttamente dalla sede di Los Angeles. Prenderà il posto di Frida Rodriguez, latitante ormai da due settimane. Nessuno sa che fine abbia fatto, ma la contemporanea scomparsa di Vito Spataro, primogenito di Calogero, ha fatto insorgere qualche sospetto tra chi era a conoscenza della sordida tresca nata tra i due.
Il clima si mantiene teso fino a sera inoltrata. C’è un via vai continuo di agenti nei corridoi e le porte all’ingresso si aprono su facce sempre meno raccomandabili, spesso più che note agli “addetti ai lavori”. Le scartoffie sulle scrivanie si accumulano e le linee del centralino sono intasate dalle chiamate.
In questo caos disomogeneo, il detective Anthony Moore incede spedito verso il suo ufficio, trattenendo tra le braccia un discreto numero di cartelline dai colori pastello ricolme di moduli prestampati. E’ un uomo baffuto sulla quarantina, mai stato particolarmente atletico, mingherlino, bassino, piuttosto pratico ed insofferente a qualsiasi forma di dialogo che si spinga oltre il necessario, soprattutto in questo periodo dell’anno. Il caldo afoso dell’autunno si incolla addosso come carta adesiva e non fa respirare. I condizionatori sono rotti da due giorni e l’unica possibilità di refrigerio è rappresentata dai rumorosi ventilatori degli uffici. Così, con la fronte imperlata di sudore e la voglia di arrivare vivo alla poltrona, supera i colleghi mugugnando e ripete infastidito un frettoloso “Dopo… Dopo…” a chiunque provi a fermarlo per chiedergli ragguagli circa questa o quell’altra indagine.
Certo di aver trovato Eldorado in una maniglia ottonata, tira finalmente un respiro di sollievo e si appresta a rinchiudersi nel suo bugigattolo polveroso, quando la voce del suo nuovo capitano lo costringe ad una resa incondizionata ad un passo dalla soglia.
<<Detective Moore, ricordo bene?>> gli chiede un viso giovanile, che curiosamente ricopre gradi di norma assegnati a persone con maggiore esperienza.
<<Sì, Capitano>> risponde lui, cercando di non farsi sfuggire alcun foglio.
<<Mi hanno appena informato sia stato condotto presso il nostro dipartimento un trafficante di cocaina acciuffato dalla polizia aeroportuale con dieci chili di roba nella borsa>> lo informa mantenendo le mani giunte dietro la schiena, soppesando con sguardo indagatore ogni sua reazione. Pur avendo si e no trenta, trentadue anni al massimo, il suo è l’atteggiamento di un uomo abituato al comando: intransigente, analitico, rigido. Lo si può intuire dagli abiti, dal portamento, da quello sguardo ombrato ma vigile. A differenza dei suoi colleghi non indossa la divisa, ma un completo grigio che sembra non aver minimamente risentito dell’umidità. I capelli tirati indietro. Non un accenno di barba. E’ arrivato da meno di otto ore e ha già fatto capire che con lui si cambierà registro. Nessuna strigliata, per carità, ma sguardi che avrebbero raggelato un cadavere! Per il momento tutti si limitano ad eseguire gli ordini, in fondo è il primo giorno. Allo stesso modo, anche Anthony si mette sull’attenti, ma già sa che non durerà molto il pivello, non se crede davvero di poter sopravvivere in quella giungla con quella faccia da bravo ragazzo e la convinzione di poter cambiare il mondo. Il tempo! Il tempo smusserà certo gli angoli di quella prepotente personalità, pensa tra sé e sé, ma per il momento è ancora presto, quindi si appresta a rispondere.
<<Sì, ho saputo. Se ne sta occupando l’agente Lopez>>.
<<Ha saputo, detective Moore?>> ripete con incredulità malcelata. <<Sono certo converrà con me sull’insufficienza delle informazioni in suo possesso allo stato attuale e sulla necessità di un ulteriore approfondimento, cui ritengo potrà dedicarsi non appena avrà lasciato il suo prezioso carico sulla scrivania più vicina>>.
<<Ce…Certo>> gli balbetta Anthony, restando imbambolato davanti alla porta, costringendo il suo Capitano ad un ulteriore sollecito. <<Sto aspettando, detective Moore. Avrò il piacere di seguirla personalmente dall’indagato e, se la cosa non le crea troppi disturbi, di coadiuvarla nell’interrogatorio, augurandomi si riesca almeno a scoprire il mandante di questo colpo così maldestro>>.
Al povero Anthony non resta che lasciare le cartelline nell’ufficio ed inseguire il suo capitano verso la camera in cui è stato accompagnato il sospetto. E dire che per un attimo aveva sperato di poter fare una pausa.
“Ma cosa diamine pensa di poter ottenere da un misero spacciatore? Tutt’al più quel delinquente fingerà di non saperne nulla, oppure dirà che qualcuno, di cui non conosce l’identità, gli ha consegnato il pacco e gli ha detto di recapitarlo ad un uomo dal nome in codice “X” per qualche spicciolo. Non riusciranno a cavargli altro di bocca e, tempo massimo due giorni, spunterà qualche avvocato in giacca e cravatta pronto a pagare la cauzione e a far passare una normale indagine come abuso di potere”. Queste le sue considerazioni, che custodisce gelosamente mentre si affretta ad aprire la porta che dà alla stanza degli interrogatori. Non entra per primo, attende il Capitano poi, quando varca la soglia, si chiude la porta alle spalle e si tampona la fronte bagnata con un fazzoletto che sfila dalla tasca dei pantaloni.
L’ambiente è piuttosto pulito, ma l’aria sa di stantio e il caldo è in sopportabile. Pareti bianche, una sola finestra chiusa. Il soffitto è illuminato da due file di faretti, mentre una lampada bianca troneggia al centro di una lunga scrivania di legno nero. Da un lato è seduto un agente accaldato. Si sventola con il suo berretto ed annota qualcosa su un’agendina. Dall’altro una ragazza dall’espressione spaurita. Un tipetto curioso dal nasino all’insù e una cascata impressionante di capelli corvini che mantiene per metà sulla nuca con due bacchette cinesi decorate da piccolissimi fiorellini rosa. Anche l’abbigliamento è decisamente insolito per una narcotrafficante: indossa un vestitino rosa confetto che le arriva alle ginocchia, un foulard bianco legato al collo ed un paio di stivaletti di cuoio. A completare l’immagine da crudele ricercata internazionale, un paio di orecchini da cui pendono due porcellini, centinaia di braccialetti tintinnanti ed occhiali da sole usati a mo’ di cerchietto con le lenti a forma di cuore.
<<Dov’è l’indiziato?>> chiede perplesso il detective, notando un certo stupore sul viso del suo capo, e l’agente risponde, sorprendendo un po’ tutti, che si tratta proprio di quel grazioso potpourri di colori che gli siede di fronte.
<<Ingegnoso, non trova detective Moore?>> domanda il Capitano con uno strano ghigno e Anthony annuisce, pur dubitando di aver effettivamente compreso. <<Può andare, agente Lopez. Dunque…>> sedendosi al suo posto, davanti alla ragazza. <<Sono il Capitano David Clark e questo è il detective Moore. Lei dovrebbe essere la signorina…>> perdendo qualche secondo nello scorrere i documenti lasciati sulla scrivania dal suo sottoposto. <<Isabeau Gaillard, leggo qui. Conferma?>>
Il nasino della ragazza si sporge sul tavolo, cercando di curiosare tra i fogli, ma la mano di David agguanta rapidamente il fascicolo e lo ripone nella cartellina, impedendole di afferrare che poche sillabe a caso.
<<Dunque?>> sollecitando una sua risposta
<<Oui, monsieur>> risponde lei timidamente.
<<Francese?>>
<<Oui>>.
<<Capisce la mia lingua?>>
<<Certainement, monsieur. Parlo inglese da molti anni, per via della ma famille. Non mia madre. No. Elle est italienne. Conosce Napoli? No? Mio padre invece è francese. Ma da parte di padre è Svizzero. Però mia cugina è stata in Inghilterra per quasi quattro anni. Ha conosciuto un ragazzo molto carino. Non che abbia molto valore, dato che poi ha sposato Jean. Avevamo detto più volte a lei di lasciar perdere, perché gli inglesi bevono tanto, mangiano male. Però lei ha avuto un enfant… Bambino? Oui, bambino. Così noi spesso andiamo a trovare famiglia inglese con bambino. Pian piano ho imparato anche lingua. Mais je trouve que c'est un peu compliqué. Come dite voi ? Difiscile?>> domanda guardando assorta il soffitto, mentre sfrega tra loro i polpastrelli delle dita della mano destra, che mantiene sollevata.
<<A dire il vero si pronunzierebbe “difficile”>> la corregge il detective Moore, beccandosi un’occhiataccia del Capitano.
<<Ah! Oui… Di-fi-sci-le!>> ripete scandendo, pur continuando a sbagliare. <<Ma prononciation est impardonnable. Una volta avevo un copain… Come si dice? Un boyfriend? Oui, ecco… Avevo un boyfriend che lui parlava benissimo inglese, ma lui era passato qui longue pèriode… Tanto tempo! Oui! In estate, perché sua cugina aveva bisogno di aiuto con petit Jo-Jo, che continuava a chiedere, chiedere tante attenzioni>> perdendosi nei meandri dei suoi racconti, dietro lo sguardo attento del detective e quello molto meno interessato del Commissario.
<<Io aspettato, oui. Molto aspettato, ma lui non torna>> riprende sospirando, mentre poggia delicatamente le mani sulle ginocchia. <<J'ai attendu près de deux mois. E crede che lui abbia considerato questo? No, évidemment!>> mentre gli occhi le si riempiono di lacrime. Estrae un fazzoletto dalla tasca e si soffia rumorosamente il naso, dondolando il capo mentre riprende, quasi balbettando <<Tutti quei sacrifici… Mai una parola di ringraziamento! E poi, un jour, Puff! Disparus… Resta solo un messaggio in cui ha scritto: Nous avons besoin de prendre une pause. Je t'aime trop. Ma questo ha forse un senso? No, dico io. Nessuno ha chiesto lui di amare tanto. Poteva anche amare un po’ di meno! >> singhiozzando ad ogni sillaba.
<<Detective>> mormora il Comandante al suo sottoposto, studiando con espressione stralunata l’indiziata. <<Cosa diavolo sta dicendo?>>
<<Il solito, Capitano. Lui l’ha lasciata con un misero messaggio in cui diceva che doveva prendersi una pausa, perché l’amava troppo…>>
<<Lui cosa? Ma chi? Di cosa diav… >>
<<Ma Jerome!>> lo interrompe la ragazza.
<<E si può sapere chi è Jerome?>> arriva quasi ad urlare, allargando le braccia.
<<Ma come chi è Jerome?! Il ragazzo che l’ha lasciata!>> chiarisce a quel punto Anthony con tono esasperato, scalfendo ulteriormente la corazza di imperscrutabilità del Capitano, che mai fino ad allora aveva provato un così forte impulso di scagliare un oggetto contundente contro un suo subalterno.
<<Bene>> riprende David con voce decisa. << Ora che ho chiarito ogni mio dubbio sulla questione, direi che si possa riprendere l’interrogatorio, sempre ammesso che il nostro efficiente detective Moore non necessiti di ulteriori delucidazioni>> ed il suo sguardo inceneritore si posa sul collega, che si mette a tossire vistosamente per poi aggiungere <<No, no… Credo di non avere altre domande>>.
<<Ottimo>> tornando all’indiziata, che intanto ripone il suo fazzoletto usato cercando di ricomporsi. <<Signorina Gaillard, andrò dritto al punto, da dove viene la coca?>>
Lei sembra perplessa. Lo esamina inclinando il capo. Si guarda intorno battendo l’indice sul mento, poi esclama tronfia <<Lo so! Da Cuba!>> ed una scarica elettrica percorre la schiena di David, che si sente ad un passo dal trionfo. Anche Anthony resta impressionato dalla facilità con la quale sono riusciti ad estorcerle l’importante informazione. In tanti anni di servizio non gli era mai capitato nulla di simile.
L’interrogatorio riprende, questa volta incessante, incalzante, intimidatorio. Un susseguirsi di domande e risposte in cui l’eccitazione dell’uomo si accresce tanto da sfogarsi in uno sguardo inquietante, quasi diabolico. Dopo un’ora di dura guerra psicologica, il Capitano Clark sforna le sue ultime domande, sollevandosi nella foga e sporgendosi su quel tavolo lucido, per puntare i suoi occhi verdi sul volto esangue della spregiudicata.
<<E allora, Isabeau, a chi si vende?>>
<<Alle bande di quartiere o alla mafia siciliana emigrata?>>azzarda lei.
<<Ah!>> esplode il Capitano, sbattendo un palmo sul ripiano in un moto di trionfo. Isabeau, spaventata, si rannicchia sulla sedia, sgranando i suoi occhioni blu.
<<Un’ ultima domanda, signorina Gaillard>>e si gode ogni parola, sorridendo compiaciuto mentre si lascia andare sullo schienale della sedia, sfilandosi una sigaretta da un pacchetto di Marlboro rosse per metà accartocciato. Il silenzio regna sovrano in quel cubicolo mal arieggiato.
<<E’ la prima volta che viene arrestata per spaccio?>> e dall’altro lato del tavolo un vestitino rosa salta dalla poltroncina, mentre una voce femminile grida <<Scherziamo?>>