
Guido De Rossi - Tanti piccoli pezzi

Tanti piccoli pezzi è la storia di Edoardo e Sofia, gemelli che come il Po e la Dora scorrono impetuosi e si riversano l’ uno nell’ altra, nelle viscere di una Torino dagli occhi giovani e brillanti come diamanti incastonati in un volto trascurato e dalla pelle raggrinzita.
La vita di lui si trascina a fatica, da un ieri a un domani passa sempre troppo tempo. Capita, dicono, quando un’ anima troppo ingombrante si ritrova ad affrontare i limiti di un corpo mortale. La vita di lei è l’ altro piatto della bilancia: pesante o leggera a seconda di ciò che serve essere affinché il delicato equilibrio tra fratello e sorella non vada in frantumi.
Su di una panchina all’ ombra di un castello c’è Gil, un senza tetto francese convinto d’ essere stato Re in un’ altra vita che, in attesa di una nuova incoronazione, dispensa consigli utili ai passanti citando poeti d’ altri tempi e regalando metafore dietro le quali si nascondono morali ormai dimenticate. Gil è il miglior amico di Edoardo e anche colui che a un certo punto, con l’ irriverenza di chi tutto sa perché tutto ha già visto, buca la bolla di sapone dentro alla quale i personaggi del racconto fluttuano anestetizzati da una soporifera quotidianità.
E’ a quel punto che una Firenze tornata ad essere per una manciata di giorni quella del Rinascimento, strizza l’ occhio ad Edoardo il quale, privo dei punti di riferimento andati persi nell’ esplosione di quel limbo che sino a poco prima lo custodiva sotto naftalina, abbocca all’ ammiccamento e si lascia sedurre sino a perdere la ragione.
Sullo sfondo di questo dipinto, due leggende si attirano ed intrecciano come filamenti di dna, concependo i tratti genetici di una storia che, come una scala, può essere percorsa in entrambi i sensi: a salire, incontro a un futuro pieno di domande e a scendere verso un passato che ha tutte le risposte.
La prima è quella di Iside e Osiride, controverse divinità di un antico Egitto che ha innalzato templi e riempito volumi in onore delle loro vicende, le stesse che ora sembrano volersi riscrivere sulla pelle dei protagonisti come fosse papiro.
La seconda è quella di Lucida Mansi, tormentata figura femminile del XVII secolo, ossessionata dal tempo che scorre e cancella la bellezza dal suo volto, proprio come lei vorrebbe cancellare le tracce di deserto posatesi lungo la sua strada.
Una voce nel vento soffierà tra le righe indicazioni poco convenzionali, saranno il filo d’ Arianna che Edoardo dovrà impugnare per uscire dal labirinto che lui stesso, senza nemmeno rendersene conto, ha creato con l’ intricata fantasia della sua mente.